Milano Due: cinquant’anni e non sentirli
Milano Due nasce da un’idea visionaria, quella di creare la cittadella ideale. E così diventa nella realtà.
Siamo a cavallo tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, Milano è una città totalmente diversa da quella che appare oggi: non c’è la visione green che oggi è diventato il suo manifesto: è ancora la città grigia e dedita al lavoro.
Sono ancora lontane le logiche delle zone pedonali, verdi e delle piste ciclabili. Ancor più lontano è il concetto della città in 15 minuti, che nella sua filosofia vuole dare un valore alla qualità della vita, offrendo servizi utili al cittadino e spazi legati alla cultura che possano essere fruibili nel proprio quartiere.
Quando nasce Milano Due, la visione di tutto questo c’è già: l’idea di fondo è di costruire un altro “modo di vivere”, una cittadina autosufficiente, dotata di scuole pubbliche, parco giochi, teatro, club house, impianti sportivi, abbastanza lontana da Milano per non sentirne il traffico e lo smog, abbastanza comoda per raggiungerla, anche con i mezzi, per lavoro.
Il quartiere venne progettato e realizzato tra il 1969 e il 1979 nella periferia nord est di Milano dagli architetti Giancarlo Ragazzi, Giuseppe Marvelli, Antonio D’Adamo, Giulio Possa per la parte architettonica, ed Enrico Hoffer, per quella paesaggistica.
Le strade, per limitare l’impatto visivo e del traffico, sono state costruite a un livello inferiore rispetto all’area urbana: tutto è pensato per accogliere giovani famiglie e professionisti che vogliono fuggire dal centro città per ritrovare la tranquillità e la sicurezza.
Milano Due si sviluppa lungo un asse centrale dove si snodano i condomini residenziali: 28 palazzi con nomi ispirati dalla botanica. E poi negozi, minimarket, lo Sporting Club con piscine, campi da tennis e palestra, una chiesa, scuole pubbliche ed asili, la biblioteca e il centro direzionale.
Per i bambini e i ragazzi ci sono parchi giochi, campi da calcio e da basket e tanti prati in cui giocare. Non manca nulla. C’è persino un piccolo laghetto artificiale, nel quale trovano casa cigni, anatre, pesci e negli anni tante tartarughe.
Qui ci si muove a piedi e in bicicletta, grazie a stradine immerse nel verde e alle piste ciclabili. Le due sponde del quartiere sono collegate da ponti.
All’epoca ne scrivono con entusiasmo bucolico giornalisti e scrittori come Natalia Aspesi, anche critica cinematografica e Gianni Brera, che la descrivono come un luogo immerso nel verde con parchi, collinette e viali pedonali, dove i bambini giocano senza paura delle auto e le persone prediligono la bicicletta.
Sono passati cinquant’anni e questo luogo rimane unico: un posto verde concepito per una vita più a misura d’uomo.
In anticipo di decenni rispetto alla concezione attuale della città, Milano Due, come già detto, nasce da un’idea visionaria: vivere praticamente in città, ma in un modo diverso, più sano e più umano. La città ideale quella immaginata da Silvio Berlusconi, con appartamenti di pregio, cablati e proiettati nel futuro, il residence di lusso, negozi e tutti i servizi.
Nel volume promozionale edito allora da Edilnord, dal titolo MILANO 2, UNA CITTA’ PER VIVERE, Natalia Aspesi nel 1976 scriveva: «Il paesaggio fisico di Milano si è fatto crudele e sopportarlo è talvolta molto acre. […] Si sente la voglia di vivere Milano e nello stesso tempo di esorcizzare Milano: di sdoppiarsi insomma e di provare emozioni corazzate in una città dura e instancabile e provare emozioni indifese in una città dolce e riposata. Una Milano 1 per trovarsi al centro di tutto, una Milano 2 per ritrovare se stessi».
Un claim che ha cinquant’anni ed è più attuale che mai.
Copertina: Foto Beatrice Piacentini
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